giovedì 9 agosto 2012

IL COMPORTAMENTO COGNITIVO DEGLI ANIMALI.

Il gioco è un'attività svolta per il piacere che produce e non  per raggiungere un determinato risultato (come avviene invece per il lavoro).
Psicologi e pedagogisti sono concordi nel ritenere molto importante il gioco infantile.
Giocare vuol dire mettere in atto delle attività fondamentali per lo sviluppo: da quelle motorie (correre,arrampicarsi, saltare) a quelle sociali.
Giocare, infatti, significa cooperare con altri bambini, ma anche competere, accettando e rispettando le regole.
E' inoltre un'attività piacevole, sollecita il buon umore e stimola l'immaginazione e la fantasia.
Gli animali più evoluti giocano.
Gli insetti, gli anfibi e i rettili non giocano.
Giocano solo i mammiferi e alcune specie di uccelli.
Il gioco, probabilmente, è collegato allo sviluppo del cervello.
Tale attività è piacevole di per sè: gli animali più evoluti, se stanno bene, sono spinti naturalmente a giocare.
Giocano a rincorrersi, a fingere la caccia, a lottare.
Quando un animale vuole giocare, o fa qualcosa per gioco, comunica tale intenzione al compagno.
Così, ad esempio, un cane fa capire questa intenzione accucciandosi con le zampe anteriori stese in avanti in modo rigido e abbaia.
Se un leoncino fa la lotta con altri cuccioli, non affonda i suoi artigli nella carne dei compagni, come farebbe se attaccasse una preda o come se si difendesse da un attacco.
Nei mammiferi più evoluti si riscontrano dei comportamenti che fanno pensare all'attività di gioco umano. I cuccioli dell'okapi (ruminante dagl arti zebrati che vive nel Congo) provocano l'adulto con delle teatrali pose minacciose. L'adulto "sta al gioco" e, come farebbe un uomo, assume il ruolo del contendente più debole che fugge e alla fine viene sconfitto.
Inseguimenti e fughe si concludono con l'adulto che rimane a terra in atto di sottomissione.
Alcuni etologi hanno pensato che il gioco prepari in qualche modo il cucciolo alla vita adulta.
Tuttavia, gli animali fanno cose pazze, capriole e salti anche senza scopo, come se dovessero scaricare le proprie energie in eccesso.
Una simile idea però non spiega come mai giochino molti animali adulti (i lupi e i delfini, per esempio).
Il gioco degli animali adulti sembra piuttosto esercitare funzioni di coesione sociale, cioè serve a tenere unito e solidale il gruppo.
Il gioco comporta inoltre attività di esplorazione e di apprendimento).

ISTINTO E COMPORTAMENTO.

Qualsiasi organismo è dotato di meccanismi non dipendenti dalla volontà che ne assicurano la sopravvivenza.
Nell'uomo il cuore pompa il sangue a tutto il corpo, fornendo l'energia necessaria al suo funzionamento.
Lo stomaco digerisce i cibi ingeriti, i polmoni forniscono ossigeno al sangue, i reni depurano l'organismo.
Queste attività, interne al corpo umano, sono automatiche, cioè totalmente indipendenti dalla volontà e, tuttavia, indispensabili per la vita.
Vi sono anche altre attività rivolte verso l'esterno, verso l'ambiente, altrettanto indispensabili sia agli animali sia all'uomo. Si tratta dei comportamenti necessari a procurarsi nutrimento (cibo e acqua) e a riprodurre la specie (attività sessuali e cura dei piccoli).
Tali comportamenti sono, nelle specie animali più semplici, largamente regolati dagli istinti.
Nelle specie più evolute, oltre agli istinti, intervengono le reazioni emotive e la capacità di elaborare informazioni (apprendere, pensare) che rendono più complessa la relazione con l'ambiente.

sabato 4 agosto 2012

APPUNTI DI SCUOLA.: COSA SI INTENDE PER COMUNICAZIONE.

APPUNTI DI SCUOLA.: COSA SI INTENDE PER COMUNICAZIONE.: Comunicare significa etimologicamente mettere in comune, rendere manifesto, accessibile, condivisibile. Tecnicamente, per comunicazione si ...

COSA SI INTENDE PER COMUNICAZIONE.

Comunicare significa etimologicamente mettere in comune, rendere manifesto, accessibile, condivisibile.
Tecnicamente, per comunicazione si intende qualsiasi passaggio di informazione che si verifichi all'interno di un sistema relazionale, indipendentemente dal mezzo che viene usato per comunicare e dal fatto che le persone ne abbiano o no coscienza.
Nella teoria dell'informazione, la comunicazione è definita come l'utilizzazione di un codice per la trasmissione di un messaggio, tale da permettere che un emittente e un ricevente possano entrare in un rapporto.
In etologia,la comunicazione è definita come il comportamento, con finalità di adattamento, che agisce da stimolo-segnale per altri animali della stessa specie.
Secondo l'etologia, sono quindi importanti caratteristiche la specializzazione e la reciprocità dei segnali di comunicazione.
Come esempio, possioamo citare il comportamento di uno scimpanzè dominante che, per richiamare all'ordine un suo consimile, utilizza come segnale specifico uno sguardo fisso e diretto a cui l'altro risponde, in segno di sottomissione, con uno sguardo abbassato.
Da un punto di vista strumentale, nel caso degli esseri umani, la comunicazione può essere verbale e non verbale, a seconda che come strumento sia utilizzata la parola o altri mezzi, quali la postura, l'espressione del volto, l'aspetto, lo sguardo ecc..
Uno dei modelli più noti utilizzato per spiegare il processo comunicativo è quello del linguista russo Roman Jakobson, che può essere schematizzato come segue.
Il contesto è l'insieme delle circostanze che determinano la situazione in cui una o più persone si trovano a comunicare.
Tutti i comportamenti, verbali o non verbali, assumono il loro significato in rapporto a tale situazione.
L'emittente è chi dà inizio alla comunicazione.
Il ricevente è chi è posto alla fine della comunicazione.
Il messaggio è l'informazione trasmessa e prodotta secondo le regole di un determinato codice.
Il codice è un sistema di segni che, in base a determinate regole, è destinato a rappresentare e trasmettere l'informazione.
Il canale (contatto) è il mezzo fisico che rende possibile la trasmissione del messaggio, oppure il mezzo espressivo usato per trasmettere (la voce) e l'apparato sensoriale usato per ricevere (l'apparato uditivo).
Agli elementi descritti sopra possiamo poi aggiungere il concetto di rumore tratto dalla teoria dell'informazione.
Il rumore è costituito dal disturbo che può interferire con la comunicazione del messaggio, nelle sue varie fasi, e che ne impedisce o rende difficoltosa la ricezione.
Questo schema che illustra il processo comunicativo presenta un carattere lineare.
Prevede un emittente che, attraverso un dato canale, invia un messaggio, adeguatamente codificato, a un ricevente.
Il ricevente, attraverso un processo di decodifica, può intenderlo e, a sua volta, inviare una risposta all'emittente.
Ipotizziamo una situazione comunicativa che illustri i concetti sopra espressi.
Due studenti, finita la ricreazione, stanno per entrare nella classe ridendo rumorosamente, quando un loro compagno si affaccia alla porta, portando l'indice della mano destra verticalmente alla bocca e mandando un'occhiata verso la porta.
Ottiene così l'effetto desiderato: di fare cessare lo schiamazzo dei due compagni.
In questo atto comunicativo, il contesto è l'ambiente scolastico, quando la "ricreazione" è finita; l'emittente è il compagnio che si affaccia alla porta; i riceventi sono i due ragazzi che ridono rumorosamente; il messaggio è costituito dal significato dei gesti del ragazzo sulla porta: "Fate silenzio, perchè il professore è in classe"; il codice è di tipo mimico - gestuale; il canale è quello visivo; il rumore è costituito dal fatto che, essendoci ancora tanti alunni che si muovono liberamente per il corridoio, i due ragazzi potrebbero non vedere o non comprendere i segnali gestuali del compagno che tenta di comunicare con loro.
Gli studiosi della scuola di Palo Alto (fondata da Paul Watzlawick) ritengono invece che la comunicazione sia un processo di tipo circolare e ne spiegano la natura attraverso il concetto di feedback.